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venerdì 5 settembre 2008

Rappresentazioni

L'io, la città.. una geografia tutta emozionale. Qui, un tentativo di dare un'immagine ad un paese interiore seguendo il moto delle emozioni attraverso paesaggi..

Esco dalla lussuria.
M'incammino
pei lastrici sonori della notte.
Non ho rimorso e turbamento. Sono
solo tranquillo immensamente.
Pure
qualche cosa è cambiato in me, qualcosa
fuori di me.
Ché la città mi pare
sia fatta immensamente vasta e vuota,
una città di pietra che nessuno
abiti, dove la Necessità
sola conduca i carri e suoni l'ore.
A queste vie simmetriche e deserte
a queste case mute sono simile.
Partecipo alla loro indifferenza,
alla loro immobilità.
Mi pare
d'esser sordo ed opaco come loro,
d'esser fatto di pietra come loro.
Ché il mio padre e la mia sorella sono
lontani, come morti da tanti anni,
come sepolti già nella memoria.
Il nome dell'amico è un nome vano.
Tra me e loro s'è interposto il mio
peccato come immobile macigno.
E se sapessi che il mio padre è morto,
al qual pensando mi piangeva il cuore
di essere lontano ora che i giorni
della vita comune son contati,
se mi dicesser che il mio padre è morto,
sento bene che adesso non potrei
piangere.
Son come posto fuori della vita,
una macchina io stesso che obbedisce,
come il carro e la strada necessario.
Ma non riesco a dolermene.
Cammino
pei lastrici sonori nella notte.

Camillo Sbarbaro

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Prova, prova... Bene, ci sono riuscito!

Uff... Ma 'sta mania delle citazioni? Diamo a Sbarbaro quel che è di Sbarbaro, perdinci! :PPP

Gisella Meli ha detto...

noooo?? un commento finalmente, che smonta..ohhhhhhh
beh sarà pure una citazione, ma è una citazione che gli rende onore, perdincibacco ^_^

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