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domenica 7 settembre 2008

Deliri di una studentessa: NON-LUOGHI

Mesi fa partecipai ad una conferenza di Marc Augé, etnologo e antropologo francese, directeur d’études all’Ecole des Hautes Etudes di Parigi. Partiamo dal presupposto che non ho mai letto nulla di quest’uomo, mai visto né conosciuto prima d’allora.. e allora, perché andare ad una sua conferenza, vi starete chiedendo?
La risposta è una sola: curiosità! e una buona dose di sadismo, ovviamente!
Mi incuriosiva questa concetto: NON-LUOGO. Come può un luogo non essere considerato tale? Nella mia mente cominciarono a farsi strada delle domande, prima fra tutte: il luogo a cosa deve la sua esistenza?
Prime ipotetiche risposte: un luogo è tale in base alla suo essere nello spazio e nel tempo.
Altra domanda: cos’ è che Augé definisce non –luoghi?

La prima cosa che mi colpì di quest’uomo fu il suo essere solo in mezzo alla gente. Stava lì, l’aula era gremita, docenti della facoltà di Architettura, dottorandi in pianificazione urbanistica, studenti. Osservava come se guardasse dal di fuori, come se ciò che lo circondava non lo toccasse..
Prendo posto, generalmente nelle retrofile, sono quelle che preferisco; dopo una breve presentazione Augé inizia il suo discorso. Che sia un antropologo è presto detto; ha la tendenza a partire dal particolare e ricondurre tutto a concetti ben più grandi. Inizia a parlare di città, del rapporto centro/periferia e qui, nel bel mezzo della trattazione, comincia a farsi strada quel concetto di non-luogo. Pare che lui definisca tali quei luoghi non identitari e privi di relazione, fin qui nulla di strano, almeno fino a quando questo concetto viene ripetutamente accostato a quello di periferia.
Per quanto le rappresentazioni che ho di questi luoghi siano legate a cliché nostalgici, non riuscivo a capire come si potessero definire privi di identità.
Nelle sue parole trovava esplicitazione quell’ immagine di periferia come non-città, come spazio dell’alienazione, dell’esclusione, della devianza, luoghi in cui si passa andando e venendo dal centro.. fin quando la mia attenzione ricade su di un unico concetto: “frustrazione”, usato come aggettivo e associato dallo stesso Augé ai giovani che vivono in periferia, definiti “frustrati”per il loro sentirsi esclusi da quella tal cosa che si è soliti chiamare CENTRO. Quanto ci sia di vero nelle sue parole sinceramente non saprei dire, chissà forse anch’io rientro nella categoria.. una cosa allora mi preme, cercarne la definizione nel vocabolario:

agg: frustrato, deluso, reso vano.
in psicanalisi: a) di soggetto che soffre di frustrazioni; b) di impulso, di tendenza impedita nel suo manifestarsi.
Sost: frustrazione, stato d'animo di chi ha la sensazione che tutta la sua opera sia stata o sia vana; in psicanalisi, situazione psicologica che il soggetto avverte come un senso di limitazione e di impedimento alla libera espressione della sua personalità.

- Controllo ancora una volta gli appunti di quel giorno -

“non c’è identità senza alterità, non c’è identità senza relazione”

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